mercoledì 11 maggio 2016

Captain America: Civil War (2016)

Parliamo di Captain America: Civil War, più comunemente noto come Civil War.
Dopo una serata a base di pepata di cozze e grigliatona di pesce, mi sono diretto verso il cinema più vicino per vedere questo nuovo capitolo della Marvel. 

Civil War è un bel film di supereroi, ma non solo questo. A differenza di altri film "supereroistici" che ho visto nell'ultimo periodo, non si tratta solo di persone in tutine aderenti che fanno abbbotte. In questa pellicola ci sono colpi di scena, emozioni, rivelazioni, spiegazioni e, ovviamente, anche tanti pugni, ma questo è più che normale. Non è normale invece trovare le cose prima citate. Spesso quando si guarda un film del genere non ci si aspetta niente di più che botte e derive più o meno romantiche. Ecco, Civil War, a mio parere, sembra dare una connotazione più adulta e drammatica a questa categoria di film, sembra un passo avanti rispetto a tutti gli altri. Per questo e per altri motivi vi consiglio di andare subito al cinema a vederlo. 
Probabilmente per godere a pieno del significato del film è necessario aver visto o aver almeno sentito parlare di quelli precedenti, almeno di quelli di Captain America. Come per esempio Winter Soldier (che in questo periodo stanno dando alla tv, mi sembra).


La trama è semplice e non ve la racconterò nel dettaglio, vi basti sapere che si formano due schieramenti negli Avengers, uno capitanato da Tony Stark, Iron Man e l'altro dal Capitano. Il primo di questi due schieramenti è a favore di una supervisione esterna da parte del governo, probabilmente perché Tony Stark si sente colpevole della creazione di Ultron e della distruzione di Sokovia. Il secondo schieramento invece fatica a fidarsi del governo e sostiene che gli Avengers debbano gestirsi da soli. Questa è solo la scintilla, infatti nel corso del film succederanno molte altre cose, per esempio si vedrà il nuovo Spider Man, ok, scherzo.

venerdì 29 aprile 2016

Re e Cavalieri, un racconto breve

Molto tempo fa un gruppo di onorevoli cavalieri, abili e fedeli guerrieri al servizio del regno, venne chiamato al castello dove il Re in persona, disperato, vestito con solo una vestaglia da notte ma con la corona luccicante ben fissata sulla testa, incaricò loro di trovare una cura per il giovane Principe, malato di un morbo orribile e sconosciuto. I cavalieri si prepararono e senza particolari cerimonie partirono immediatamente alla volta dei quattro punti cardinali.
"Partite e non tornate finché non avrete trovato qualcosa, qualsiasi cosa che possa salvare mio figlio!", furono le ultime parole sputate dal Re, volto segnato dalle lacrime e dal dolore, e forse anche dalla pazzia.

I cavalieri misero loro per le terre del mondo, sui mari, sulle montagne, nei deserti e nelle docili pianure. Parlarono con molte persone diverse: guerrieri, mercenari e presunti stregoni, ladri, prigionieri e anche con qualche innocente bambino. Cercarono una soluzione alla malattia del Principe, cercarono in ogni angolo del mondo, sotto ogni pietra coperta di muschio in ogni foresta della terra, in qualsiasi lago possibile, in tutti gli oceani.
La ricerca durò talmente tanto che passò qualche decennio. Molti cavalieri morirono, magari uccisi nella notte da qualche ladro intento a rubare l'armatura e le armi e i pochi denari nel borsello. Altri semplicemente impazzirono: un giorno si guardarono riflessi in uno specchio d'acqua e non si riconobbero più, sfoderarono la spada lunga e si tagliarono la gola. Altri ancora cambiarono vita mettendosi a fare cose più semplici e meno impegnative, e non tornarono mai più nel regno del loro vecchio Re. In effetti i cavalieri non ricevettero alcuna notizia, alcuna missiva, sulle condizioni del regno, del Re e del Principe, per tutta la durata della ricerca.
Girò anche la voce di un cavaliere che riuscì a trovare una soluzione alla malattia del Principe ma morì misteriosamente nel viaggio di ritorno.

Un abile cavaliere di mezza età, partito verso il gelido nord, si ritrovò a maledire il suo stesso Re e la sua folle idea di ricerca. Pensò che quando qualcuno è destinato a morire non si possa fare nulla per impedirlo. Camminò per chissà quanti anni sempre verso nord, e ad ogni passo la temperatura gli sembrò scendere di qualche grado. All'alba del giorno più freddo, vide in lontananza un piccolo santuario quasi totalmente coperto dalla neve, che ormai scendeva da qualche settimana. Sotto questo piccolo santuario notò un luccichio strano che riconobbe subito essere la sua stessa armatura, con tanto di simboli del regno di appartenenza.
Si slegò la spada dalla vita, si slacciò l'armatura e fece cadere il tutto. Alzò prima una mano e poi si mise a correre urlando. Più si avvicinava e più la figura di un altro cavaliere prono intento a pregare si palesò ai suoi occhi. Urlò ancora, ma dalla bocca uscì un lamento, iniziava a perdere la sensibilità delle labbra.
Si avvicinò all'altro cavaliere inginocchiato e gli posò una mano sulla spalla, per invitarlo a girarsi. Incontrare un'altro compagno della missione era un evento più unico che raro.
"Hai trovato la cura?" le uniche parole che gli uscirono dalla bocca. L'altro non rispose. Quindi il cavaliere senza più spada e armatura voltò il compagno con la forza e non appena lo fece sentì un rumore sinistro, come se un fuscello di legno venisse spaccato in due.
Il compagno era morto da tempo, congelato nella preghiera, il volto ormai era un teschio azzurro, simile al cristallo. Chissà da quanto tempo era in quella stessa posizione.

Il cavaliere alzò gli occhi al cielo e maledisse tutto quanto era possibile maledire, urlò a pieni polmoni tutta la rabbia verso il suo Re folle, dopodiché sfilo la spada congelata dal fodero del compagno e si scucì dall'ombelico fino al mento. Poi cadde e fece sciogliere la neve ai piedi del santuario con tutto il sangue caldo del suo corpo.

mercoledì 27 aprile 2016

Come superare il blocco del lettore, ovvero Joe Lansdale

Da un po' di tempo a questa parte ho accusato di avere un fastidiosissimo blocco del lettore, e forse anche dello scrittore, ma non ho nessuna prova che me lo dimostri.
Cercando qualche minuto su internet come superare questa malattia, perché di malattia si tratta a parer mio, ho letto che bisogna trovare quello che viene definito "il libro giusto".

Quindi vi chiedo, qual è il libro giusto? Oppure come trovare il libro giusto?
Penso di potervi dare una risposta, una specie di consiglio. 

Joe Lansdale ti guarda sempre.
L'uomo giusto per voi si chiama Joe R. Lansdale.
Non ho voglia e non serve stare qui a parlare della sua persona, vi posso solo dire che abita in Texas e che la maggior parte delle sue opere sono ambientate proprio lì. Lui è un autore eclettico: crime, fantascienza, drammaticità, comicità, potete trovare di tutti nei suoi libri. Scrive anche fumetti ed è un maestro di arti marziali, devo aggiungere altro?

Per iniziare bene con questo fantastico autore dovete prendere in mano qualche libro che ora vi dirò.
Prima di tutto vi consiglio di fare come ho fatto io, leggetevi i tre libri del ciclo del Drive-In (einaudi), dopodiché andate in libreria e comprare le prime avventura della coppia più spaccaculi della letteratura moderna: compratevi i libri di Hap e Leonard. Il primo si intitola Una stagione selvaggia. Non preoccupatevi se lo finite in mezza giornata, ce ne sono tanti altri e a quanto pare il vecchio Joe ne sta scrivendo sempre uno nuovo. Non voglio dirvi molto sulla trama di quest'ultima serie di romanzi, posso solo dirvi che avevo un piccolo blocco del lettore, ho iniziato ieri a leggere Rumble Tumble (Hap e Leonard) e sono a pagina 163 in due giorni.

Detto questo vi saluto. Leggete Lansdale e fatemi sapere cosa ne pensate.

venerdì 22 aprile 2016

Intorno alla solidarietà


Sono solito transitare, specialmente dopo certi pranzi degni di un banchetto a Versailles, sulla superficie della mia tenuta. Cammino e cammino osservando le stesse scene. Ovviamente, abitando qui da molto, le scene sono sempre simili, si  intende!  Nonostante  le  diverse  strade  accessibili  fuori  dall'uscio  di  casa,  mi avvio per la solita, quella a sinistra. Non so bene il motivo di questa scelta, ho sempre fatto così e, conoscendomi, sempre lo farò.  Non che cambi qualcosa, la meta è la stessa. Ogni  volta,  dopo  pochi  passi,  mi  accorgo  del  tordo  che  picchia  sul  legno, dell'irrefrenabile  e  inarrestabile  vita  in  campagna e  delle  automobili all'orizzonte, che appaiono ai miei fantasiosi occhi come tante formiche intente a cercare cibo per l'inverno. Queste scene ricorrenti potrebbero portare alla noia qualsiasi persona dotata di senno. Nel mio caso, l'unica cosa che mi salva sono i pensieri, che sono solo miei  e  nascono  sempre  nel  momento  in  cui  mi  seggo  sul  "baratro",  come  mi diverto  a  definirlo,  cioè  una  sporgenza  lastricata  sulla  quale  è  fissata  una ringhiera vecchia e talmente arrugginita da far sgretolare la vernice rossa di cui un  tempo  era  ricoperta.  Con  le  gambe,  dal  ginocchio in  giù,  penzolanti  nel vuoto, guardo fin dove l'occhio mi permette. Quel  giorno,  inizialmente  mi  sembrava  tutto  statico,  immobile,  intonso,  ma socchiudendo  gli  occhi  e  fermandomi  un  attimo,  mi  accorsi  di  come  tutto avesse - e abbia continuamente - vita e movimento. Le foglie degli alberi si muovono, cadono, perché  qualcosa più forte di loro, il vento,  le  stacca  dal  ramo,  le  toglie  prepotentemente  dal  comodo  alloggio  sui rami più alti, e la loro "vita" in qualche modo cambia, in maniera irreversibile. Cosa può fare la foglia, sola e staccata da un ramose non morire, per terra e sola? 
Guardai  l'orizzonte  e  vidi  le  “formiche”  di  prima:  l'uomo  non  è  abbandonato come le foglie, è un animale sociale, ma, nonostante questo, sembra talmente solo! Le persone danno l'impressione che quello che stanno facendo sia la cosa più importante, sono indaffarate nelle loro faccende e non hanno mai il tempo di fermarsi a parlare o a osservare la natura, come tanto piace fare a me. Ma 
cos'hanno da agitarsi tanto?  Quale  sarà il  vento  che  staccherà  l'uomo  dal  suo ramo? Pensai che i venti responsabili di questo sono molteplici, sicuramente più di quelli esistenti su una carta nautica. Allora la domanda mi sorse spontanea: perché siamo ancora qui? Cosa salva l'uomo dalla morte in solitudine nella terra fredda? Anche la risposta nacque spontanea: è l'UOMO. Non  siamo  soli,  non  dobbiamo  pensarlo  mai,  importante  è  ricordarsi  che  c'è sempre  qualcuno  che  pensa  a  noi  e  che  ascolterà  il  nostro  appello  di  aiuto, questa è la solidarietà dell'uomo. Parlo di qualcosa di più della solidarietà che nasce ovvia tra fratelli, tra padre e figlio, tra amici e tra innamorati, no, intendo 
quel  forte  sentimento motore delle  azioni  più  belle, l’aiuto  spontaneo  ad  una persona in difficoltà, per esempio. Ma non mi soffermerei soltanto sulle azioni che  possono  confortare  nell'immediato,  bensì  sul  supporto  morale,  la comprensione e la vicinanza continua ad una persona, il che può aiutare anche più di un semplice soccorso temporaneo. 
E' forse questa la risposta alla domanda che, seduto sulla sporgenza a osservare l'agitazione innata delle persone vuote, mi posi. Ecco perché non moriamo soli, per terra, come le foglie. E’ chiaro, c'è sempre qualcuno disposto a raccoglierci e a riportarci sul nostro ramo, sussurrandoci che la vita va avanti e che anche nei  momenti  più  bui,  quando  ci  chiediamo  il  perché  della  sofferenza  nostra e altrui, esiste un motivo per continuare a osservare l'orizzonte. Questi pensieri - che mi sovvenivano non per la prima volta - mi spaventarono più del  dovuto,  poiché anche  io a  volte dimentico  che è  inutile agitarsi  tanto, veramente inutile. 
Sbattei  gli  occhi  e  alzai  il  braccio,  guardai  il  quadrante  dell'orologio:  si  erano fatte  le  sei.  Mi alzai  e  mi  stiracchiai  assonnato.  La  luce  proveniente  dal  sole gettava una strana ombra sulla pianura, rendeva tutto incredibilmente magico e mutevole.  Il  sole  è  come  un  magnifico  padre.  Ah,  se solo  potessi  essere  così incandescente! Mi girai verso casa e mi misi a correre, lasciando i pensieri e le formiche nella valle ai loro così importanti affari. Non ricordo neanche il perché della  corsa,  ero  ormai  troppo,  inutilmente,  concentrato  nel  ritornare  alla  mia solita vita lontana dal "baratro". 

Macbeth (2015)

A quanto pare in edicola stanno uscendo dei film sulle opere di William Shakespeare, e a quanto pare io ho preso il primo numero con dentro Macbeth, il film uscito recentemente, per la precisione nel 2015, diretto dal regista australiano Justin Kurzel. Che non avevo mai sentito nominare prima, scusate.
Il film è l'adattamento cinematografico della nota tragedia di W.S., per questo motivo non mi metterò dietro a scrivere della trama che dovrebbe essere dimora di tutti. In caso contrario, ragazzi miei, compratevi le tragedie di W.S, oppure più prosaicamente cercate su Wikipedia.
Parliamo brevemente del film.

Inizio col dire che mi è piaciuto. Certo, certo. Una pellicola adattata su una tragedia di Shakespeare parte già avvantaggiata, e inoltre questo particolare film è molto legato al testo originale, infatti da notare è l'ottimo lavoro degli sceneggiatori che hanno saputo distinguere bene cosa tenere e cosa non tenere. Per quanto riguarda gli attori invece Michael Fassbender è un ottimo Macbeth. E ovviamente Marion Cotillard è un'ancora più ottima Lady Macbeth, personaggio che riesce a fuorviare il marito facendogli compiere di tutto pur di ottenere il regno. Personalmente aggiungerei l'ottima prova di Sean Harris nel ruolo di Mcduff. Scozzese serio e onorevole.



Michael Fassbender is watching you
Justin Kurzel, il regista, si è dovuto confrontare con tre streghe non molto differenti da quelle di Macbeth. Sto parlando di altri tre registi ovvero Akira Kurosawa, Orson Welles e Roman Polanski. Tutti registi che si sono sforzati di rappresentare al meglio l'opera di W.S. E che ci sono riusciti egregiamente. Ovviamente realizzare una pellicola riguardo una "cosa" trattata così tante volte è sempre difficile e si corre il rischio di non aggiungere niente di nuovo ai tentativi precedenti. Comunque il film resta apprezzabile. Ve lo consiglio, lo trovate in edicola.

giovedì 10 marzo 2016

Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015)

Pochi giorni or sono ho avuto il piacere di andare al cinema e visionare Lo Chiamavano Jeeg Robot, per la regia di Gabriele Mainetti.
Questa è la mia recensione.
Cercherò di non fare spoiler, perché non voglio rovinarvi assolutamente nulla riguardo ai colpi di scena presenti nella pellicola. Quello che voglio fare è convincervi ad andare a vederlo, subito.

Iniziamo.



Lo Chiamavano Jeeg Robot è un film di supereroi, ma non supereroi di cui siamo abituati a sentire. Questo è un film ITALIANO di supereroi. 

In tutti i film di supereroi che conosciamo (per esempio Batman, Spiderman, Superman, Capitan America, Iron Man ecc ecc...) abbiamo a che fare con un eroe altisonante e pompato, una figura sopra le righe, che combatte contro il male dimostrano una personalità spiccata e altre cose totalmente irreali.
Jeeg Robot è un nuovo supereroe che non deve fare i conti con i dogmi della letteratura fumettistica e del mondo Marvel o DC. Jeeg Robot è un supereroe libero, può fare quello che vuole, non ci sono regole da rispettare, semplicemente perché NESSUNO lo conosce, come detto prima, è, appunto, nuovo.

Entrato in sala non sai cosa aspettarti, e fai bene. Non sai assolutamente niente del film e non sai se ti ritroverai a guardare una pacchianata incredibile oppure un film con i controcazzi. Questa è la differenza con un grande film americano dei supereroi. Se entri in sala a vedere Iron Man sai cosa aspettarti. Iron Man che fa a pizze con il cattivo, dice qualche battutina sua e finisce tutto bene.
In Jeeg Robot non è così. Il protagonista è un ladruncolo di Tor Bella Monaca, (interpretato da Claudio Santamaria) che vive di sotterfugi, in una casa squallida e sporca, mangiando solo yogurt e guardando videocassette porno. Questo è il nostro supereroe. 
Gli altri personaggi sono eccezionali. Il cattivo o villain, chiamatelo come volete, è superlativo. In America se lo sognano un villain così. Lo Zingaro interpretato da Luca Marinelli regge benissimo il confronto con il Joker di Heat Ledger.
Una caratteristica che tiene uniti tutti i personaggi, buoni o cattivi che siano, è il desiderio di scappare dallo squallore, dal marciume in cui sono immersi fino al collo. 
Ma non voglio dirvi altro, in effetti questa non è una recensione, ma un consiglio. Il mio consiglio di andarlo a vedere subito.

Diretto bene, scritto ancora meglio, attori TUTTI bravi. Questo è un film bellissimo, dovete vederlo.

domenica 17 gennaio 2016

The Revenant - Redivivo (2015)

Domenica sera, diciassette gennaio duemilasedici (17-01-2016), mi sono recato al cinema per godermi la nuova pellicola del regista premio Oscar Alejandro González Iñárritu, ovviamente mi riferisco a The Revenant - Redivivo.

Appena mi sono seduto sulla comoda poltrona della sala numero uno mi è subito balenata in mente l'idea di fare una recensione. Per tanti motivi, per esempio è il trend topic secondo le statistiche di google, quindi, seguendo la teoria, dovrei avere più persone che leggono la recensione. Bene, speriamo.

Scherzi a parte, mi sono domandato come impostare la recensione e, dopo circa sessantacinque secondi, sono arrivato alla conclusione di scrivere un'analisi divertente, ironica. Proverò quindi a riassumere tutto il film in poche semplici e taglienti righe. 

Non saranno in ordine, ve lo dico prima, E CI SARANNO SPOILER.


The Revenant - Redivivo

DiCaprio quando scopre che anche quest'anno l'Oscar... (in realtà a lui non frega niente, grande attore è, e grande attore rimane)


Leonardo DiCaprio sporco? Deve essere la prima volta che lo vedo così. 
Che belle paludi, che begli alberi.
Oh Tom Hardy! Ma... non ha metà dei capelli.
Le pelli devono valere molto.
Questo film è molto crudo, ve'? Oh, aspetta, stanno forse mangiando il polmone di un bufalo?
Ma quello è Domhnall Gleeson? Ma è obbligatorio chiamarlo per tutti i film? (seriamente, negli ultimi tre film che ho visto c'era lui).
Che bel cavallo... morto.
Che bel cavallo... morto, x2.
Quindi ci sono i trapper americani, i francesi e un paio di tribù di indiani
Capito.
Questo film fa venire freddo. Mentre non fa venire per niente fame.
Ma DiCaprio che tipo di sostanze assume per avere certi sogni assolutamente assurdi?
Quindi, mi sembra di aver intuito, ma proprio per un mio processo mentale eh, non c'è niente che lo dimostri veramente, che tra Tom Hardy e DiCaprio non scorra buon sangue.
Oh bene bene, Leo se ne va a caccia nel bosco.
Che bel bosco, che bel fucile.
Guarda laggiù! Sono per caso dei cuccioli di orso quelli? Quindi magari c'è la madre da qualche parte.
Ecco la madre.
Quindi dare un pugno in faccia ad un orso grizzly di millanta chili non serve a molto, meglio fingersi morto, però prima facciamoci graffiare per bene.
Proviamo a sparargli questa volta. Niente, fingiamoci morti.
DiCaprio in barella.
DiCaprio è un peso per tutti gli altri.
Tom Hardy dice che è meglio sparargli un colpo in testa. Comodo.
Al figlio di DiCaprio non va bene.
Il gruppo si divide e quale migliore scelta se non Tom Hardy per badare a 
quella salma umana di DiCaprio? Bravo comandante, ottima scelta.
Ma è ancora vivo?
Tom Hardy accoltella a morte il figlio di Leo.
DiCaprio vuole la sua vendetta.
DiCaprio tenta di muoversi, con scarsissimi risultati.
DiCaprio prova a sopravvivere per tutto il film, mangiando tutto quello che si muove.
Intanto gli indiani fanno cose, sparano frecce e urlano come facevamo noi da bambini.
Intanto inquadrature metafisiche alla natura bellissima del Nord America. Tipo ogni due secondi.
Quanto dura questo film?
DiCaprio sembra essere costretto ad una vita quadrumane. Quadrupede! Scusate, volevo dire quadrupede. 
DiCaprio striscia per tutta l'America.
DiCaprio mangia un pesce crudo, penso lo abbia fatto veramente. Sushi!
Ma è ancora vivo?
DiCaprio cade per delle cascate. E poi da un dirupo. (sempre strisciando)
DiCaprio dorme dentro una carcassa. Lo ha fatto veramente.
Ma è ancora vivo?
Due ore e un po'. 
Allora, vediamo se me la ricordo a memoria. Se durante una tempesta guardi i rami di un albero esso ti apparirà fragile. Ma se guardi il suo tronco ti renderai conto di quanto sia resistente.
DiCaprio vede sua moglie in sogno, molte molte volte.
DiCaprio è ancora vivo, si. E viene trovato dalla sua vecchia combriccola di trapper. 
DiCaprio viene salvato e medicato, mentre Tom Hardy scappa col malloppo.
DiCaprio e Domhnall Gleeson partono alla caccia di Tom Hardy.
Tom Hardy si sbeffeggia dei due e crea false piste.
Una valanga, ma si.
Che belle inquadrature della natura, ma io vorrei vedere i due che fanno a botte.
DiCaprio e Tom Hardy si picchiano nella neve. Accoltellate e asciate di qua e di là. 
Ma sono ancora vivi?
Cosa? La vendetta non riporterà indietro il figlio di DiCaprio dalla tomba? Oh...
Ma alla fine le pelli nascoste sotto quella roccia là? 

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Tornando un attimo seri. Il film è bello, mi è piaciuto, i due attori protagonisti sono molto molto bravi, contando anche il tipo di ruolo che hanno dovuto interpretare. Tom Hardy forse un gradino sopra a Leo. Mentre tutti gli altri comprimari fanno il loro sporco lavoro.

I ritmi sono molto lenti, e il film dura forse troppo. Nonostante questo l'ho trovata una bella pellicola realistica e onesta. Le scene d'azione sono realizzate magistralmente e nonostante le inquadrature fluide ti tengono sulle spine per tutta la loro durata. (Avete notato il grandangolo?)

Io non avevo aspettative, ma magari voi si, e vi dico che potrete rimanere un po' delusi. Questo tipo di narrazione - molto lenta - non è in voga nel cinema e a molti di voi potrebbe non piacere.